CONFORMISMO VIRGOLETTATO
Gianni Brera |
Scorri le righe ed è tutto un susseguirsi di: “andremo in campo per fare la nostra partita” (e che partita vuoi fare? Quella degli altri?), “daremo il massimo” (pensavo voleste dare il minimo), “scendiamo in campo per vincere” (ah ecco temevo giocaste a perdere, di ‘sti tempi poi con lo scandalo scommesse a uno qualche dubbio viene). O ancora, un attaccante fa tre gol: be’ te lo immagini accorrere in sala stampa tutto eccitato, presumi che stia godendo “come un riccio” e voglia (legittimamente) urlarlo al mondo. E invece tocca sorbirti la sua chiosa da fedele pretoriano: “Non conta il singolo, conta la squadra. Non importa chi segna”. Per non parlare delle infinite ipocrisie: “Non penso al mercato, ma solo alla mia squadra” (e mentre lo dice non vede l’ora di incontrarsi col procuratore) . “Ho sposato il progetto” (i soldi?). “Non esistono titolari e riserve” (va a dirglielo a chi siede abitualmente in tribuna).
Sia chiaro, non chiedo ai media di sfornare personaggi, o di scovare i Best, gli Zigoni e o i Vendrame di turno. Non servono necessariamente “matti”. E mi rendo pure conto che il motivo per cui calciatori e allenatori dicono sempre le stesse cose non è solo svogliatezza, ignoranza, o conformismo innato, ma anche “paura”. Già, paura di rappresaglie del “sistema calcio”, o dei loro stessi club (leggi multe salate), qualora dovessero uscire dal rassicurante coro delle ovvietà.
Non chiedo la luna, dicevo, ma solo un po’ intelligenza in più e una dose di paranoia in meno . E’ troppo?
Francesco Barana